Anche se il suo tempo balsamico, ovvero il momento ideale per la raccolta, sarebbe da aprile a giugno, a Pura Vita la calendula troneggia rigogliosa nei campi anche a gennaio! D'altronde il cambiamento climatico ha fatto si che quest'anno melanzane e peperoni fossero nell'orto fino a Dicembre. Quindi abbiamo pensato di provare a raccoglierla lo stesso e conservarla sottoforma di oleolito e tintura madre.
Ma prima di addentrarci nei processi di conservazione o trasformazione che abbiamo appena citato, spendiamo due parole sulla calendula.
La Calendula officinalis è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Asteraceae o Compositae, con foglie oblunghe di colore verde intenso e fiori a capolino, di colore arancione o giallo intenso. E' diffusa in tutta l'Europa meridionale, l'Africa del nord, la Persia, l'Arabia, e la sua fioritura, in genere, si protrae fino a novembre.
Ma la fama della calendula è dovuta alle sue molteplici proprietà, che si concentrano soprattutto nei capolini, e la rendono una pianta adatta anche ai più piccoli, al contrario di altre, che invece è consigliabile assumere solo dopo il secondo anno di età. Essa infatti è ricca di flavonoidi, terpeni, mucillagini, amari, resine e betacarotene.
Le proprietà della calendula si possono apprezzare mediante il suo uso esterno (impacchi, cataplasmi, oleolito, tintura, unguento o crema) o interno (infuso, decotto, tintura). All'uso esterno si deve un'azione lenitiva e cicatrizzante, nel caso di pelli arrossate ed escoriazioni, ustioni da sole e da fuoco, punture di insetti, screpolature da freddo o da affezioni cutanee, emorragie; emolliente e purificante, nel caso di acne e pelli a tendenza seborroica; disinfiammante delle mucose gengivali e delle zone intime; migliora il tono venoso e la circolazione, allevia le vene varicose. Impiegata per via interna invece, rivela un'azione emmenagoga, ovvero di regolazione del flusso mestruale, oltre che attenuante degli spasmi; disinfiammante delle mucose gastriche (in caso di ulcera gastrica) e del cavo orale; astringente in caso di diarrea, oltre che di emmoragia; amaricante, digestiva e stimolante la funzione del fegato e della cistifellea; antimicrobica e antilmintica per infezioni amebiche, pelviche e intestinali, dissenteria, epatite virale e disbiosi; depurativa ed antinfiammatoria per artrite, eumatismi e gotta; antiossidante; immunostimolante; diuretica antibatterica. Inoltre allevia i disturbi legati alla menopausa e favorisce le contrazioni durante il parto, nonostante sia controindicata in gravidanza.
E' anche ottima per condire e decorare insalate e piatti freddi.
Ma adesso vi sveliamo due ricette, tratte dal libro dei preparati de La Libella (https://www.facebook.com/la.libella.14), che consistono nella realizzazione di un oleolito e di una tintura madre, ovvero di un macerato oleoso e uno idroalcoolico della pianta. La differenza tra tintura madre e tintura, è che nel primo caso si utilizzano le parti della pianta fresche, nella seconda, invece, secche. L'oleolito invece mantiene lo stesso nome sia nel caso in cui venga realizzato a partire da pianta fresca che secca.
Quindi, anche se magari sarà meglio aspettare la primavera per fare una vera scorpacciata di calendula, approfittiamo di questi mesi un po' di ricette!!!
Vi salutiamo ricordando vi di fare molta attenzione nella raccolta: cercate di prediligere luoghi lontani da riserve e ricchi di fiori, magari in presenza di qualcuno con un pò di esperienza in materia; mentre non raccogliete assolutamente in luoghi preservati o dove vi è scarsa presenza di esemplari. Così facendo infatti, consentirete alla specie di riprodursi copiosamente, evitandole di andare incontro all'estinzione. La depredazione inconsapevole è sempre un danno nei confronti dell'ambiente e delle biodiversita!
Mandateci i vostri feedback e ci farete felici!!! ;)
Oleolito di Calendula |
Questo
è uno dei tre alberi di corbezzolo che abbiamo trovato nel nostro
terreno e che ci ha accolti omaggiandoci generosamente dei suoi numerosi
frutti! Diciamo che la sua generosità è tale che ancora oggi, 7
gennaio, raccogliamo corbezzoli per trasformarli in mermellate,
liquorini e ghiotti regali. Dobbiamo ringraziare anche il tempo, che qui
in Sicilia ci sta regalando un inverno contornato da primavere!
Il
corbezzolo in questione troneggia pieno di vita su un cocuzzolo
soleggiato, e guarda la vallata con fare giocoso e sinuoso, accompagnato
da due fratellini un po' piu' timidi che gli reggono il gioco.
Poco
più in basso vi è un palmento del 1855, che riprenderemo al termine
dell'inverno, per trasformarlo nella struttura primaria di Pura Vita.
Ma questo è un altro post! Stavamo parlando del corbezzolo.
Il
suo nome botanico è Arbutus unedo ed è una pianta arbustiva sempreverde
appartenente alla famiglia delle Ericacee. E' diffuso in tutti i paesi
del Mediterraneo occidentale e in Irlanda. In Sicilia ne abbiamo diversi
esemplari.
Oltre
ad essere un bell'albero ornamentale e a dare dei frutti buonissimi e
ricchi di proprietà benefiche, il corbezzolo è legato ad una
particolarità, quella di ospitare sui suoi rami in autunno,
contemporaneamente, frutti rossi, foglie e fiori bianchi, la qual cosa
l'ha eletto, per la sua cromìa, albero d'Italia.
I frutti sono bacche polpose, ricche di tannini e vitamine, in particolare di vitamina C. Essi hanno quindi proprietà astringenti, antidiarroiche ed antinfiammatorie nei confronti del fegato, delle vie biliari e di tutto l'apparato circolatorio, antispasmodico dell'apparato digerente e delle vie biliari; diuretico, antisettico e antinfiammatorio delle vie urinarie.
Ma la maggior parte delle proprietà terapeutiche si trovano nelle foglie, ricche di derivati fenolici, tanninni, steroli, gomme e resine. Queste trovano il loro impiego nei casi di affezioni delle vie urinarie, dei reni, nei casi di febbre e diarrea, e il loro decotto si usa come tonico astringente della pelle.
Il decotto della radice può essere usato nell'artesclerosi.
Anche il miele di corbezzolo ha delle ottime proprietà infatti ha proprietà balsamiche, antispasmodiche, antisettiche e diuretiche.
Ma adesso lasciamo il corbezzolo e i suoi frutti e scendiamo un po' più a valle, a vedere cosa succede al palmento!
La raccolta dell'iperico
Nella magica notte del 24 giugno, ovvero la notte di San Giovanni, è tradizione, in Sicilia e un po' in tutta Italia, di attendere la rugiada per andare a raccogliere l'Iperico, detto anche "scacciadiavoli" o Pirico. Il suo nome scientifico è Hypericum perforatum, della famiglia delle guttiferae, e cresce un pò dappertutto, dal mare alla zona alpina nei luoghi secchi, nelle radure dei boschi, a bordo delle strade. Leggendariamente era la pianta utilizzata per curare le ferite, usata dai Cavalieri di Gerusalemme, che secondo la “dottrina dei segni” si servivano di piante dalla forma simile alle infermità da guarire. Nonostante all'apparenza l'iperico non sembri somigliare esteriormente a nessun organo del corpo umano, se, però, si osserva una della sue foglie controluce, essa apparirà costellata di ghiandole trasparenti simili a perforazioni, cioè a “ferite”. Secondo la citata “dottrina”, poiché la foglia sembrava perforata, poteva curare le ferite, specie quelle riportate in battaglia.
L'iperico era anche l’erba che nell’antichità scacciava i demoni e gli spiriti del male (da questa credenza, il nome "scacciadiavoli") e che ancora oggi è portatrice di buonumore, grazie ad una sostanza attiva, l'ipericina, che agisce a livello cerebrale in modo simile ai più diffusi farmaci antidepressivi di sintesi, rallentando la distruzione di alcuni neurotrasmettitori, tra cui la serotonina e dopamina e migliorando notevolmente il tono dell'umore. In Germania, al giorno d'oggi, è tra gli antidepressivi più prescritti.
Nel Medioevo, veniva appeso alle finestre e sulle porte per impedire a Satana e ai suoi emissari di penetrare nelle case. Quando una donna si riteneva impossessata dal demonio, e quando nemmeno le preghiere degli esorcisti erano riuscite a liberarla, non doveva far altro che mettersi in seno alcune foglie della pianta e sparpagliarne altre nella sua abitazione.
La sua festa cade il 24 giugno, San Giovanni Battista, giorno destinato sin dall’antichità a riti esoterici, perché coincide con il solstizio d’estate, il 21 giugno, quando il sole raggiunge la sua massima inclinazione positiva rispetto all'equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso. Secondo un’antica credenza nella notte del solstizio d’estate la luna si sposa con il sole e da questo sposalizio si riversano energie benefiche sulla terra. Durante la notte tra il 23 e il 24 giugno, la notte più breve dell'anno, tutte le piante e le erbe sulla terra vengono bagnate dalla rugiada del santo e intrise da una potenza nuova. Proprio in un’epoca lontana va ricercata l’usanza che vede la notte tra il 23 ed il 24 “la notte delle streghe”.
Nelle campagne piemontesi, lombarde ed emiliane, molti erano i riti propiziatori, caduti ormai in disuso; ad esempio i sacerdoti in Piemonte solevano benedire i fuochi accesi dai contadini, immagine del sole, atti a propiziare i raccolti e la buona salute. Ancora oggi, in tali luoghi, la notte di San Giovanni è accolta con feste e festini.
Noi quest'anno siamo andati a raccogliere l'iperico in un luogo antichissimo sulle Madonie, dove civiltà arcaiche popolarono quei luoghi fin dall'età del bronzo.
Dopo una proficua raccolta, avvolti da una natura nel pieno della sua energia, siamo tornati a Petralia Soprana, a Casa dei Salici, dal nostro amico Calogero, un luogo altrettanto magico in cui perdersi e ritrovarsi. Lì abbiamo incominciato la prima lavorazione della pianta.
All'inizio
di questa pagina troverete un piccolo video realizzato da noi, grazie
al quale potrete assistere ad alcune fasi della lavorazione finalizzata
in parte alla produzione del famoso Olio di iperico, dalle proprietà
fortemente lenitive e cicatrizzanti, e in parte all'essiccazione.
A
questo punto vi salutiamo, in attesa che l'oleolito maceri al sole per
poi essere filtrato, acquistando il caratteristico colore rosso intenso
che lo distingue da tutti gli altri.
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